San Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale, è la personalità in cui questa capacità diventa assolutamente esemplare: la sua persona e la sua opera rimangono l'immagine dell'energia che costruisce, lentamente ma irresistibilmente, il mondo cristiano medievale ed, insieme, la civiltà europea. Per San Benedetto la fede è il principio che lo ha chiamato a vita nuova ed ha conferito a lui una personalità nuova: è il principio sintetico capace di fornire i criteri per giudicare e l'intelligenza e la energia per agire. Uomo di fede, in lui è chiaro che la fede illumina la vita e la educa a piena maturità umana, personale e sociale.
Nel monastero benedettino, per il fondamento che è la fede, sono accolti tutti, schiavi e liberi, romani e barbari, vincitori e vinti, dotti e indotti; e su quest'unico fondamento può nascere una convivenza che, nel mondo, sarebbe impossibile. Le differenze che nel mondo sono incolmabili e spunto per violenze continue vengono accolte dentro una unità più grande: quella della fede. Dal monastero benedettino tutto il cattolicesimo occidentale impara così la sua dimensione di popolo e la sua incidenza storica.

La vita
Della sua vita  conosciamo quello che  ne riferisce il secondo  libro dei Dialoghi di san  Gregorio Magno  (+ 604); della  sua  dottrina e della sua personalità  ce  ne parla la sua Regola.


Benedetto, originario di Norcia, appartenente all’“alta borghesia”, nacque in una famiglia senza dubbio profondamente cristiana, giacché sua sorella Scolastica si consacrò a Dio sin dalla fanciullezza. Inviato a Roma per istruirsi nelle arti liberali, i disordini che vi trovò lo indussero a riflettere sui pericoli del mondo e a ritirasi in solitudine. Si è concordi a fissare questo primo esodo all’'età di 14 o 15 anni. Intraprese il cammino con la nutrice, ma ad Effige, non lontano dalla vallata dell’Aniene, rinunziò alla sua compagnia per vivere da eremita a Subiaco, 75 chilometri ad est di Roma. Un monaco di nome Romano , imbattutosi in questo adolescente, lo interrogò, lo aiutò senza imporgli costrizioni, e gli conferì l’abito dei solitari. Per tre anni, il giovane Benedetto , visse in una grotta quasi inaccessibile, ignoto agli uomini, all’infuori del monaco Romano che, in giorni determinati calava sino a lui del pane, legandolo ad una corda munita di un campanello.
Pareva però che, quanto più si nascondesse, tanto più la luce della sua virtù lo rendesse visibile. Morto l’Abate nel vicino monastero di Vicovaro, la comunità lo volle maestro, ma presto il suo rigore ascetico stancò i monaci che tentarono di sbarazzarsi di lui.
Scampato miracolosamente alla morte, Benedetto tornò alla diletta solitudine di Subiaco, rotta presto da molti giovani, desiderosi di unirsi a lui.
La gelosia di un prete dei dintorni, che perseguitava Benedetto e i suoi monaci, lo fece migrare verso la città di Cassino sulla cui Acropoli vi erano ancora Templi pagani e proprio qui costruì il suo primo monastero.
Da Montecassino lui che aveva creduto di poter vivere nascosto nello speco di Subiaco, illuminò per secoli e secoli la via e la storia, anche dopo la sua morte avvenuta verso il 545.
Sei giorni prima della morte fece aprire il sepolcro che si era fatto preparare.
Morì il 21 marzo a Montecassino, nido dell'ordine benedettino, quando la prima rondine ritornava al suo nido.

La Regola
La Regola di S. Benedetto è il grande codice della vita monastica occidentale. Frutto di esperienza personale a lungo maturata, da tutti ammirata per lo spirito di equilibrio che la domina.
Essa comprende un prologo e 73 capitoli.
Caratteristiche principali della Regola sono la moderazione, l'equilibrio, il vivere insieme, la preghiera, il silenzio come regola per cenobiti.
L’abate fa le veci di Cristo e il cenobio è immagine della Chiesa. Ma è anche un piccolo Stato. Comunità autonoma e autosufficiente, che provvede a tutte le proprie necessità.

L'Ora et Labora
San Benedetto ha testimoniato a pagani e a barbari, e addirittura ai cristiani, che il cristianesimo non è una dottrina astratta ma è una realtà viva. La fraternità benedettina ha mostrato infatti la capacità di incidenza operativa della fede creando una nuova immagine del lavoro.
Mentre il lavoro è per tutto il mondo antico un peso, soprattutto quello manuale, da far fare agli schiavi perché l'uomo libero (il vero cittadino) possa vivere il suo «otium», il mondo cristiano ha operato un rovesciamento radicale. Ogni lavoro (anche quello manuale, anche quello durissimo che sarà realizzato da migliaia di monaci per bonificare l'Europa dalle paludi e per rinnovare il ciclo dell'agricoltura, elemento primario della nuova Europa) è fatto nello spirito di un'offerta intelligente ed appassionata di sé a Dio, che potenzia una dedizione dell'uomo a trasformare le stesse condizioni materiali in cui è chiamato a vivere.
Così il lavoro diventa sintomo di libertà e di creatività. Nel monaco che «prega e lavora», che vive in una comunità di liberi ed uguali eppure in un «ordine» religioso, nel monaco che accoglie con responsabilità ed impegno la grande sfida di quella situazione, l'Europa cristiana contempla il fattore dinamico che l'ha creata.dolcetti
Dietro l'«ora et labora» benedettino, che è stato per più di mille anni la grande regola intellettuale e morale dell'uomo medievale, sta un profondo suggerimento per il nostro presente e per la nostra responsabilità di cristiani di fronte alla realtà. Di fronte al vecchio mondo anticristiano che sta morendo e ancor più nei confronti del nuovo mondo alla cui costruzione siamo chiamati, come Benedetto, con la forza della fede nel Signore e con l'aiuto della fraternità che da questa fede nasce.

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